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Duecentocinquanta euro. E’ la cifra che separa una studentessa novarese, accusata di aver detto «stronzo» a un professore su Facebook, dal ritiro della querela da parte dell’ex insegnante. 

Per molti potrebbe sembrare una cifra irrisoria, ma per lei non è così: «Lui vuole 500 euro. Io, però, lavoro part time e non posso permettermi una somma così alta, quasi pari a uno stipendio mensile. Sono disposta a pagare la metà, 250 euro». 

Una trattativa non facile, dunque. L’altro ieri, all’udienza del processo che vede Sara S. imputata di diffamazione aggravata assieme alla compagna Gaia R., il giudice ha concesso un altro rinvio per vedere se nel giro di qualche settimana le parti in causa possano trovare un accordo che soddisfi tutti.  

Intanto il professore ha ritirato la costituzione di parte civile: se entro gennaio non verrà risarcito con mille euro (500 per ognuna delle ex allieve) intraprenderà le vie civili per ottenere un risarcimento del danno, mentre il processo penale farà il suo corso. Se invece le due ragazze pagheranno quanto chiesto, la vicenda sarà chiusa. Lui ritirerà la querela.  

Studentesse a processo per insulti su FacebookE’ bastata una sola parola, scritta su uno dei social network più utilizzato fra i giovani, a far rischiare alle studentesse oggi ventenni una condanna da 6 mesi a 3 anni di reclusione o, in alternativa, la multa non inferiore a 516 euro.  

Tanto è previsto per la diffamazione su Facebook, che la giurisprudenza considera aggravata ed equiparabile a quella «a mezzo stampa» vista la diffusione incontrollata dei messaggi che compaiono in rete.  

All’epoca dei fatti, tre anni fa, le imputate frequentavano il liceo artistico di Novara. Era stato creato in Facebook un «gruppo» degli allievi con lo scopo, in genere proprio dei social network, di ritrovare vecchi amici, mantenere i contatti.  

Un giorno uno aveva lanciato invitando gli ex compagni a indicare chi fosse il professore più odiato. Era risultato il sessantenne che oggi le accusa. L’avevano definito «stronzo». L’interessato aveva fatto partire l’esposto in Procura.

FONTE: LA STAMPA (Leggi l'articolo completo qui.)

Un 19enne monzese condannato a Milano dopo aver chiesto una "prova d'amore" alla ragazza che si era infatuata di lui. Alla famiglia andranno 100mila euro: "Nostra figlia è stata linciata sulla pubblica piazza".

Le aveva chiesto di fare qualcosa di "speciale" per dimostrargli il suo amore. Di inviargli tramite Whatsapp alcune foto e un video osè, poi finiti isu Facebook e YouTube e girati tra gli amici e conoscenti della Monza bene. Con lei, 14 anni, che è stata presa in giro, umiliata e insultata e lui, il 'bello' della scuola, più grande di cinque anni, che è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere e 11mila euro di multa per aver indotto la ragazzina alla produzione di materiale pornografico e per averlo diffuso.

La vicenda per cui il 19enne monzese è stato processato con rito abbreviato dal gup milanese Claudio Castelli, che ha anche disposto un risarcimento di 100mila euro a favore della ragazza, è cominciata l'inverno dell'anno scorso. La minorenne, con una cotta per il suo compagno di scuola, il più corteggiato, aveva accettato la proposta di lui: mandargli con il suo smartphone, come una sorta di "prova d'amore", alcune foto in slip e calze nere, con la promessa che le avrebbe tenute per sé sul suo cellulare. Invece le fotografie in un baleno vengono girate agli amici e ai compagni per poi essere postate su su Facebook. Subito i commenti senza pietà, le cattiverie e gli sfottò della community nei confronti dell'adolescente. Che però ci ricasca.

Il ragazzo, dopo essere sparito per qualche giorno, fa in modo di essere ricontattato. Questa volta alza il tiro e le chiede, come dimostrazione del suo amore, un video in atteggiamenti intimi, assicurandole che mai sarebbe circolato. Lei, sconcertata, si confida con un amico comune - un minorenne figlio di un noto personaggio del mondo dello spettacolo, ora sotto inchiesta con un coetaneo - che la convince, come è stato riferito, spiegandole di dover fare "qualcosa di speciale perché noi delle suore siamo stufi". Il risultato? Il filmato è apparso su YouTube per qualche ora (ovviamente è stato oscurato), la 14enne additata da tutti, insultata e i commenti si fanno più pesanti.

La giovanissima non ce la fa più e racconta tutto ai genitori, che tramite gli avvocati Roberta Succi e Francesco Laratta sporgono denuncia. Da qui le indagini a la condanna. "Abbiamo sempre camminato a testa alta - ha spiegato la madre della adolescente - ma le reazioni attorno alla famiglia e mia figlia sono state davvero assurde. Ancora oggi ci imbrattano i muri e hanno modificato con frammenti di quelle immaginiun video in cui mia figlia canta. Una cattiveria inaudita".

FONTE: LA REPUBBLICA 16-11-2013 (Leggi articolo completo)

Secondo un'indagine di Skuola.net, i maggiori utilizzatori dell'applicazione usata per lo scambio di immagini sessualmente esplicite di se stessi o di altri coetanei sono le ragazze delle superiori.

ROMA - Il fenomeno arriva dall'America e si chiama Snapchat, l'app che i teenager di oltreoceano utilizzano principalmente per il sexting, ovvero lo scambio di immagini sessualmente esplicite di se stessi o di altri coetanei. Anche da noi la tendenza sta dilagando e sempre più spesso questa app viene usata per lo scambio di immagini osé tra adolescenti.
E' quanto emerge da un'indagine condotta dal portale specializzato Skuola.net su un campione di oltre 3mila studenti di scuole medie, superiori e università.

Il 30% degli intervistati conosce l'app, anche se a utilizzarla effettivamente è solo il 7% dei votanti; fra questi tuttavia ben 3 su 10 la usano con lo scopo di ricevere e/o inviare immagini osé.

Ma chi sono gli utilizzatori di Snapchat? Stando ai dati raccolti da Skuola.net, più della metà, il 54%, frequenta le scuole superiori e quindi ha un'età compresa tra i 14 e i 19 anni.
Ma ancora più sorprendente è la preponderanza femminile tra gli utilizzatori ai fini del sexting.
Quindi, a conti fatti, Snapchat viene usata per il sexting da poco più del 2% del campione intervistato.
Numeri piccoli solo all'apparenza, se si pensa che un'indagine recente di Telefono Azzurro svolta da Eurispes ha svelato che il 12,3% dei minorenni è avvezzo alla pratica.

Ma perché si ricorre proprio a questa app per fare sexting?
La sua peculiarità è che le immagini si autodistruggono alcuni secondi dopo (fino a un massimo di 10) essere state visualizzate dal ricevente.
Questo incita quindi ad abbassare i freni inibitori.
Tuttavia esistono diversi stratagemmi per conservare le foto ricevute: dal semplice istantanea della schermata ad applicazioni dedicate che riescono a svelare le immagini nascoste nei meandri della memoria dello Smartphone (es. SnapCapture for Snapchat).
Le prove di questa mancata cancellazione delle immagini si trovano su un altro popolare social network, anch'esso diffuso tra i giovani.
Su Instagram, infatti, basta cercare sotto l'hashtag #Snapchat per trovare esempi molto concreti di che cosa sia il sexting.

FONTE: La Repubblica 19-11-2013

FILMINO SEXY DI UNA 14ENNE FA IL GIRO DELLA SCUOLA: LO AVEVA INVIATO AL FIDANZATINO, LEI SI RITIRA

COMO - Aveva inviato un filmato sexy al fidanzatino ma lui lo ha mostrato ai suoi compagni ed è diventato virale all'interno dell'istituto scolastico. È accaduto a una 14enne di Erba.

Appreso l'accaduto i genitori hanno sporto querela affinché l'istituto si attivi per far sparire il video.

Si tratta, infatti, data l'età della protagonista, di pedo-pornografia. 

Secondo quanto riporta "La Provincia di Como" ora nella scuola è caccia al video, tutti gli studenti sono stati anche minacciati di sospensione nel caso in cui vengano sorpresi a vedere il filmato.
La polizia sta indagando e sotto accusa è il fidanzatino, ormai diventato ex, della 14enne, che ha negato le accuse ammettendo solo di averlo fatto vedere a un amico.

Fonte: LEGGO

In 40 ore almeno 12 mila autoscatti entrano nel giro dei social network. E da lì vengono catturati dai “mostri”

MILANO – Tutto inizia per gioco: una foto di se stesse/i, più o meno spinta, mandata a una persona della quale ci si fida, che si conosce bene e che magari si ama, o si crede di amare. Da lì quell’autoscatto intraprende un percorso che il teenager non riesce più a controllare, né forse a immaginare, e spesso rischia di giungere a destinazioni virtuali pericolose che abusano dei minori. I giovani utenti non hanno sufficiente consapevolezza della rete e dei suoi rischi e un report ne svela le insidie, sfoderando i numeri allarmanti di un mondo pedo-pornografico parassita e rapidissimo nell’impadronirsi di contenuti mirati. Ecco perché fare sexting può essere molto pericoloso.

IL CAMMINO DI UN AUTOSCATTO - L’iter è questo: la ragazzina invia messaggi espliciti corredati da autoscatti che la ritraggono nuda o anche solo in pose sensuali, erotiche, ammiccanti o semplicemente troppo maliziose. Il ragazzino li riceve sul telefonino e li inoltra a sua volta a un compagno, oppure quest’ultimo glieli sottrae a sua insaputa, oppure ancora, una volta finita la relazione, l’ex-fidanzatino li diffonde di proposito sui social network. Già a quel punto il cammino di quell’istantanea è a rischio e il protagonista o la protagonista della foto non sarà più in grado di gestirla, di recuperarla o di controllarla. Risucchiata dalla rete, l’istantanea scomoda diventa virale, si divulga con la velocità di un virus e soprattutto rischia di essere notata da chi della pedo-pornografia fa un vero e proprio business.

I DATI DELLA IWF - Dalla denuncia della Internet Watch Foundation, charity britannica esperta in tracciabilità e rintracciabilità di contenuti pedo-pornografici, quest’ultima modalità di diffusione degli autoscatti degli adolescenti è diffusissima. La IWF ha provato infatti a contare quante sono le istantanee osé scattate e diffuse quasi per gioco che vengono raccolte dai siti hard, concludendo che i numeri sono preoccupanti e che la stragrande maggioranza di foto e video hard generati dagli stessi giovanissimi vengono prelevati dalla collocazione originaria per essere pubblicati su siti per adulti.

NELLE MANI DEL PORNO - I siti pedo-porno attingono infatti soprattutto dai social network per recuperare foto di minori e alimentare un traffico purtroppo conosciuto.
Secondo Susie Hargreaves, Ceo di Internet Watch Foundation, questi autoscatti espliciti e talvolta persino innocenti costituiscono ormai la fonte principale di approvvigionamento dei siti per adulti, con un danno psicologico, sociale ed emotivo incalcolabile per i giovanissimi. Ma i ragazzi non ne sono consapevoli, non pienamente quantomeno. Per questo la charity britannica ha deciso di contare tutte le immagini self-generated del web approdate a siti per adulti, setacciando il web per 40 ore e individuando, in questa ristretta finestra temporale, ben 12.224 autoscatti rubati da 70 siti dedicati al porno. Il che significa che, fatte le dovute proporzioni, in un arco di tempo più dilatato la mole di foto fai-da-te che finisce nel giro pornografico è impressionante.


COME RIMEDIARE – Inutile dire che sarebbe meglio non diffondere autoscatti hard in rete ed è bene sapere che già nella prima condivisione si perde il controllo dell’immagine. Nel caso in cui però si sia sbagliato e si voglia arrestare il cammino di quell’autoscatto l’unica via è rivolgersi alla polizia postale, che si occupa di controllare tutto ciò che viene diffuso in rete, tutelando soprattutto i minori soggetti a ogni tipo di abuso. Una volta effettuata la segnalazione, la polizia postale si farà carico di individuare il responsabile della pubblicazione e della diffusione dell’ immagine del minore e successivamente proverà a rimuoverla definitivamente dal web. Ma non sempre è sufficiente togliere una foto dai siti parassiti ed è giusto sapere che, una volta postato sul web, un contenuto potrebbe anche risiedervi per sempre. Senza alcun diritto all’oblio.

Fonte: Corriere della Sera 14 ottobre 2013 (Leggi Articolo Completo)

Cosa fanno i giovanissimi quando navigano su internet? E mamme e papà realmente consapevoli dei rischi che possono correre i loro ragazzi? Lo abbiamo chiesto a oltre 1.700 genitori di figli tra i 10 e i 16 anni di età.

Internet e minori: rischi da non sottovalutareLe nuove generazioni usano internet come compagno di giochi, libro di testo, addirittura al posto del vecchio cortile, per tessere le loro relazioni sociali. Un mondo virtuale ricco di stimoli, ma anche di potenziali pericoli. Per un genitore è difficile trovare il giusto compromesso tra la necessità di lasciare i propri figli sperimentare le enormi potenzialità della rete e quella di tutelarli da eventuali situazioni sgradevoli. Per tracciare un quadro della situazione, nella nostra inchiesta abbiamo chiesto a 1.708 genitori di parlarci del rapporto dei loro figli con la rete.

Il 97% dei giovani tra i 13 e i 16 anni è online
Secondo la nostra indagine quasi otto ragazzi su dieci tra i 10 e i 12 anni navigano in internet, mentre quelli tra i 13 e i 16 anni sono addirittura il 97%. Tra i pochi che non lo fanno spiccano soprattutto ragioni educative: nel 43% dei casi i ragazzi più piccoli non hanno il permesso dei genitori. Ma la linea di confine delle regole sfuma con l’età di passaggio tra medie e liceo (13-16 anni), periodo in cui il divieto vige ancora solo per poco più di due ragazzi su dieci. Interessante notare che l’impossibilità di accedere alla rete è ormai un problema limitato, ma esiste: due ragazzi su dieci tra chi non usa internet lo indicano come motivo per cui non possono andare sul web.

I rischi dei minori connessi alla rete
Per un genitore non è sempre facile seguire l’attività online dei propri figli. Alcuni impongono regole precise sull’uso del pc. Altri si fidano e non sentono la necessità di controllare in modo specifico questo aspetto della loro vita. Tuttavia, certe risposte mostrano che alcuni rischi legati al web potrebbero essere oggi sottostimati: per esempio tra i ragazzi di 13-16 anni i genitori pensano che si siano imbattuti in adulti che fingono di essere coetanei nell’8% dei casi. La stessa percentuale dichiara che i figli hanno ricevuto materiale pornografico non richiesto. E il 7% che ha incontrato dal vivo persone conosciute online.

Quando il web crea dipendenza
Ma i problemi che possono sorgere con le nuove tecnologie non sono solo questi. C’è anche il rischio di trovarsi dipendenti dal web. Secondo un recente rapporto pubblicato dalla Società italiana di pediatria, gli adolescenti che navigano su internet per più di tre ore al giorno mangiano peggio, leggono di meno, praticano meno sport e hanno un rendimento scolastico inferiore. I genitori che abbiamo intervistato sembrano essere al corrente del rischio, imponendo spesso un limite di durata alla navigazione.

Fonte: Altroconsumo